Festambiente: il volontariato dell’economia civile che salverà l’Italia della stagnazione

E se il futuro fosse negli occhi delle ragazze e dei ragazzi di Rispescia?

[16 Agosto 2016]

Una delle cifre dei dibattiti di Festambiente 2016, conclusasi ieri a Rispescia (Gr), è che non possiamo più parlare di crisi  – ovvero di una crisi che si trascina ancora ma dalla quale prima o poi usciremo ricchi e consumisti come prima – Quella che viviamo è la nuova normalità, fatta di un ceto medio impoverito che però non rinuncia alle ferie e a un minimo di benessere e svago, di giovani che non vedono all’orizzonte un avvenire lavorativo e che sono tornati ad essere squattrinati ma meno giramondo e forse più “politicamente” responsabili di quanto erano alla loro età le generazioni che oggi sono i loro padri.

E’ quell’Italia dell’economia civile che Legambiente e altre associazioni e molte imprese pubbliche e private hanno provato a raccontare alla festa, un Paese che non si rassegna ma si reinventa, si racconta e si vive in modo nuovo, non consegnando all’ossessione del profitto il proprio futuro individuale e collettivo, ma pensando a una redistribuzione del reddito, del lavoro, delle risorse e dell’energia dal basso. Un mondo e un’Italia più solidali e gentili, un pezzo di società aperta senza paura al mondo, perché sa che non c’è alternativa e perché sa che è necessario. Non nicchie ma un nuovo Paese che supera pregiudizi e steccati, riconosce la bellezza e il bisogno, coniuga la solidarietà con l’innovazione e ne fa strumenti collettivi di crescita e benessere condivisi.

Un futuro che si leggeva negli occhi assonnati dei 250 volontari, spesso giovanissimi, sempre belli, senza problemi per handicap, colore della pelle, religione o abbigliamento che hanno letteralmente sostenuto sulle loro spalle una festa ambientalista sempre più specchio di un Paese economicamente impoverito, ma che sembra aver capito qual è la direzione per uscire dal guado.

Una gioventù naturalmente europea, laica anche quando crede appassionatamente, mondialista, alla quale non piacciono questa Unione europea e questa globalizzazion ma che cerca di costruire con generosità, sorrisi, un po’ d’amore e un bagno sulle spiagge selvagge della Maremma (che non guastano mai) quel futuro condiviso che si respira in una festa dove parlano i dirigenti ma i volontari non restano muti, dove il tasso di gioventù è elevatissimo per un Paese invecchiato (male) e dove il tasso di divertimento, musica,  chiacchiere, scherzi e baci è a volte da overdose per chi – come chi scrive che ha ormai 60 anni – e se ne sta incantato a guardare questi “figli” sorridenti che si sfottono e si toccano, che si immergono nei loro cellulari, che vagano in solitudine per i viali polverosi della festa a caccia di rifiuti o di tranquillità, che mettono a posto e a soqquadro, che terremotano i loro cuori e intravedono un pezzetto di futuro nel sorriso, negli occhi o nelle mani di un  ragazzo o di una ragazza.

E’ alle belle ragazze di Festambiente, altere o sorridenti, corrucciate e attente, di una gentilezza che non conoscevamo alla loro età e capaci di battute definitive, ai giovani uomini che lavorano al loro fianco facendo come sempre un po’ gli sbruffoni e un po’ i romantici, a questa gioventù che migra a Rispescia  per aiutare un’associazione povera che però li coccola spartanamente, a questi ragazzi e ragazze tornati a casa più ricchi di esperienza e più amati, a quelli che non se ne vorrebbero mai andare da questa polverosa cittadella dell’amicizia e dell’Italia possibile, da queste camerate affollate che odorano di Autan, che probabilmente bisogna guardare per intravedere quel che potrebbe essere l’Italia gentile e determinata del futuro, quella che costruisce l’economia civile, quella che crede ancora, nonostante tutto, che un mondo diverso sia possibile.