Milano, 7 luglio 2015 - 10:59

«La Grexit? Costerebbe
più dell’Argentina»

Parla Daniel Gros, direttore del Centro per gli studi di Politica europea di Bruxelles

di Luigi Offeddu

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«La crisi della Grecia sembra avviarsi verso il modello argentino. Ma “Grexit”, se ci sarà, sarà molto più caro, costerà molto più dell’Argentina».
Daniel Gros è il direttore del Centro per gli studi di Politica europea, uno dei più autorevoli think-tank di Bruxelles. Da molti anni analizza le virate, le speranze e le ansie della nave Europa: che oggi, dopo il No di Atene, sembra davvero entrata in mari sconosciuti.

Che cosa sta accadendo?
«Che in queste ore, in Grecia, assistiamo alla nascita di un nuovo peronismo. Pieno di tante promesse. Fatto di orgoglio nazionale, speranza, autodeterminazione: e che tiene insieme destra e sinistra. È una tentazione che può estendersi anche ad altri Paesi».

Oggi sono in agenda l’Eurogruppo e il Consiglio europeo, il vertice dei leader Ue. Che cosa aspettarci?

«Personalmente sono molto scettico. Anche dopo la mossa delle dimissioni di Varoufakis, sarà molto difficile per il Consiglio fare importanti concessioni. Può darsi che i leader Ue e Tsipras dicano: va bene, mettiamo da parte le discussioni di questi giorni, e ricominciamo studiando un nuovo piano di crescita per il Paese, ad esempio nuove misure contro la disoccupazione giovanile. Ma il Consiglio dirà: non negozieremo sotto pressione. Può anche darsi che si punti a un accordo salva-faccia, ma poi sarà molto difficile spiegarlo alla Germania?».

Nessuno spiraglio di compromesso, allora?

«Ripeto: io sono scettico. Molto dipende dal conflitto in corso fra Angela Merkel e Wolfgang Schäuble».

Non è che se ne parli poi molto: da che cosa sarebbe originato il contrasto?

«Schäuble scrisse, già vent’anni fa, un documento in cui sosteneva e auspicava una più profonda integrazione dell’eurozona. Questa può esservi ancora, anche con Paesi come il Portogallo. Ma non con ciò che sta accadendo adesso in Grecia».

E dunque, sembra di intuire, per Schäuble l’ipotesi Grexit non sarebbe sconvolgente. Ma per la cancelliera Merkel?

«Le conseguenze incombenti sulla Grecia possono intaccare la sua carriera politica. Tsipras è ora più forte, e ha davanti due sbocchi possibili: il modello argentino, e il modello della crisi di Portorico (ndr: il governo portoricano ha annunciato che il suo debito alle stelle “non è pagabile”, e che si rifiuterà quindi di onorarlo per sottrarre il Paese a una “spirale di morte”). Tsipras ha fatto un passo molto deciso verso il modello argentino: e questo, nella Ue, è qualcosa di assai poco conveniente per la Merkel».

Il 14 luglio scadrà la carica di presidente Eurogruppo. Ce la farà Jeroen Dijsselbloem ad essere riconfermato?

«Sarà difficile fermarlo».

Ma non sarebbe venuto il momento di ripensare il modo in cui funzionano i vertici delle istituzioni Ue?

«Certo, sull’Eurogruppo c’è molta insoddisfazione. Quanto al Consiglio europeo, ora lo guida Donald Tusk, polacco, che pensa di più alla Russia e ai problemi dell’Est, e non è molto in sintonia sulla Grecia. Se Merkel e Hollande vogliono davvero guidare l’Europa, non devono solo preoccuparsi della politica interna tedesca ma anche delle preoccupazioni dell’Est Europa».

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